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    THE MARCONISTI / il Sogno

    Ambienti sonori, installazioni e danza

    installazioni e grafiche di Luca Serasini
    ambientazioni sonore
di 
Marco Ricci del Mastro
    performance di danza
di Francesca Cavallini e con Vittoria Mangoni, Sofia bellucci, Livia bellacchini e Gaia de Luca

    Le scale di ferro: Alviero Cucini
    Voci al telefono: Eyal Lerner e Michele Emdin
    Sound engineer: Roberto del Mastro

    Mostra a cura di Alessandro Schiavetti

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    In questo progetto, costituito da lavori grafici, ambienti sonori ed installazioni, si mette in luce il grande valore che ha avuto Guglielmo Marconi, poliedrico genio italiano che ha contribuito a modernizzare il mondo, cambiando radicalmente la società nei suoi rapporti umani. I suoi lavori rappresentano una variegata stratigrafia sulla quale si basano i più moderni sistemi di comunicazione satellitare, occhi ed orecchie capaci di guardare ed ascoltare l’Universo nei suoi segreti più intimi. Una scala verso l’alto che poggia piede e cosciale sulla nostra salda storiografia, estendendola, gradino dopo gradino, verso nuove scoperte e verso il concetto di ‘lontano’, luogo in cui l’onirico passo biblico che racconta il Sogno di Giacobbe e la scala che vi è ben rappresentata, diviene molto più che un concettuale paradigma. Si illumina quindi ancor di più l’importanza delle intuizioni, proprio perché in un contemporaneo sempre più futuro, e in un futuro sempre più contemporaneo, il volume del Marconista simboleggia uno sguardo che volge verso l’oltre e verso l’altro, in un continuo alternarsi d’intenti.

    “Nell’estate del 1895, dall’alta montagna di Oropa, contemplando il nostro biellese, pensai che l’uomo potesse trovare nello spazio nuove energie, nuove risorse e nuovi mezzi di comunicazione. Le libere vie dello spazio per la trasmissione del pensiero umano hanno esercitato sin da allora su di me un grande fascino” Guglielmo Marconi, da una lettera autografa del 1918.

    L’eterna e indissolubile contrapposizione tra spirito e materia, argomento di studio e di riflessione sin dai tempi antichi, fa parte di quelle tematiche che l’uomo respira ogni giorno in costante ricerca di sinottiche risposte, ancorate in caleidoscopici labirinti fatti di ipotesi e dubbi che lo portano a soffermarsi sul significato più profondo della propria esistenza. Se ci soffermiamo un attimo su ogni scalino della nostra conoscenza universale, ci possiamo accorgere di quanto sia rapido il rendersi conto che ogni giorno abbiamo di fronte il concetto di materia che si evolve sempre più rapidamente; di questo, riuscendo comunque a coglierne il lato spirituale, possiamo scorgere un alternarsi di intenti reciproci che, tradotti in chiave cartesiana – Res cogitans e Res extensa -, possono fondersi insieme nel fondamentale ed arcaico concetto di Io. Di tutto. Nel perfetto lavoro di Luca Serasini, artista concettuale e sperimentalista che approda alla Land Art nel 2013 passando per installazioni, fotografia e video, e unendo le sue conoscenze in ambito elettronico che lo portano a realizzare studi e opere dedicate allo studio del cosmo e delle costellazioni, si fa chiaro riferimento alla figura di Guglielmo Marconi e al passo biblico che narra del Sogno di Giacobbe, tra un vicendevole alternarsi di concetti che indagano su materia e su spirito, su Terra e Cielo e sul legame che unisce non solo visivamente questi due ambiti dell’esistenza. Se pensiamo ad esempio alla scala sognata da Giacobbe, si visualizza immediatamente un forte simbolismo arcaico che mira all’innalzamento dello spirito, che in questo caso sale in parallelo alle scoperte scientifiche di Marconi, genio della nostra storia scientifica che ci ha permesso e ci permette oggigiorno di comprendere l’universo, in quanto precursore delle comunicazioni satellitari. A fianco di questa suggestiva visione biblica, mi torna alla mente la Colonna senza fine di Constantin Brancusi, scultura totemica dal moto ascensionale che ripete una forma romboidale in maniera infinita, e che verte verso l’altro con un forte slancio strutturale; un verticalismo semplice e scarno che ne traduce i blocchi come nei semplici gradini della scala, in un’universalità simbolica che ne palesa libertà e speranza, ma anche un viaggio all’interno del nostro io che volge lo sguardo e i suoi passi verso il cielo. La scala diretta verso l’alto infatti simboleggia nel lavoro di Serasini la purificazione, l’elevazione del credente verso Dio e lo sviluppo del crescendo tecnologico dell’uomo, così come l’accesso diretto al nostro futuro grazie alle continue scoperte scientifiche, e spiritualmente un passaggio dal quale gli angeli scendono e risalgono incessantemente mostrandoci chi siamo, e consentendoci di portare avanti il nostro sviluppo evoluzionistico.

    In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto
    e gli angeli di Dio salire e scendere sul figlio dell’uomo. (Gv 1,51)

    La scala è una perfetta allegoria, la quintessenza dell’incrociarsi tra mondi lontani che lo stesso Marconi, avanguardista totale, rispecchiava nel suo lavoro modernista grazie alle sue intuizioni.

    La cosiddetta ‘scienza’, di cui mi occupo, non è altro che l’espressione della Volontà Suprema,
    che mira ad avvicinare le persone tra loro al fine di aiutarli a capire meglio e a migliorare se stessi. (cit.)

    L’ascesa vorace dell’uomo verso l’alto non è priva di inciampi, posto che la scala poggi sul suo più sicuro e cementato basamento, denominato dubbio. Ogni scalino se indagato a priori è una conquista, un messaggio metafisico, un avvicinarsi a Dio. Basti pensare agli Ziqqurat, alle Piramidi, alla struttura architettonica del Teocalli azteco; la vetta è la casa di Dio, luogo spirituale nel quale l’uomo elevato può avere accesso. In questo lavoro d’installazione collettiva il fulcro metafisico del salire, corrisponde all’avvicinarsi all’ignoto prendendo sempre più coscienza di sé ma focalizzando l’attenzione sulla percezione dei suoni, e riuscendo ad ascoltare la voce delle stelle, gli echi sordi dell’universo, i rumore dei passi sulle scale che salgono e che scendono, il suono preciso ma frenetico del marconista al lavoro, il ritmo ucronico e ancora contemporaneo delle trasmissioni morse, le lontane parvenze di suoni ambientali di un futuro sconosciuto; è proprio in questo senso che si inquadra il voluminoso e profondo lavoro di Marco Ricci del Mastro, che da tempo conduce una propria ricerca su timbriche e suggestioni dettate dagli ambienti sonori. I suoi studi sono orientati ad una tipologia di ascolto sia fisico/sonoro che interiore/psichico, il tutto inteso come sintesi di tecnica e sentimento. Il suo lavoro è stato quello di unire dei quadri sonori nei quali ha costruito ‘apparenze’, segmenti di sonorità non giunti alla loro definizione finale, esattamente come un giro del mondo che le onde elettromagnetiche compiono portando con sé voci, captando segnali, raccogliendo le impressioni momentanee dell’umanità in una comunicazione globale che con grande evidenza risulta palesemente inconclusa. Su queste sonorità la coreografa Francesca Cavallini ha elaborato tre momenti danzati con quattro sue allieve, interpretando con le movenze del corpo, attimi di attesa, ascolto, azione, protese verso un gesto che evoca la raccolta delle stelle cadenti, metafora della ricezione dei segnali che scendono dal Cielo.

    Testo di Alessandro Schiavetti